Viaggio a Riva del Garda: lo scrigno di tesori dell’Inviolata

Riva del Garda è una cittadina con una forte vocazione per l’Arte, elemento primitivo rispetto alla modernistica vocazione turistica – è chiaro l’uno non esclude l’altra, anzi si completano a vicenda – lo testimonia la potenza della natura, con le sue forme astratte e perfette, i toni di colore cangianti e le foschie ispiratrici “en plein air” del lungolago; potremmo dire il fascino del contemporaneo fotografico. Ma a Riva del Garda c’è molto altro, qualcosa di più complesso e strutturato, un messaggio, anzi un “antico” protocollo di comunicazione: dati e memoria storica da non sottovalutare. Un vero è proprio scrigno di tesori artistici celati da un nudo cofanetto in un gradevole stile Neoclassico primo settecentesco, La Chiesa della Beata Vergine dell’Inviolata.

L’interno della chiesetta annessa al monastero è senza dubbio di uno splendido stile “barocco” realizzato all’alba del XVII Secolo. L’elemento distintivo della bellezza rara di questo edificio sacro è nel suo ventre, anzi, per usare il simbolismo dei suoi ideatori, nella sua anima. E sì, perché il messaggio tramandato è chiaro “la bellezza dell’uomo deve essere dentro” e non esteriormente come avviene spesso nella realtà. E’ così che questo gioiello barocco nasconde la bellezza interiore allo sguardo superficiale della contemporaneità, invitando ad entrare per capire meglio il messaggio nascosto.

Giungervi è facile, se si arriva nella splendida città affacciata sulla sponda stretta del lago più grande d’Italia, è meglio giungervi da Arco, la trovereste proprio di fronte a voi, mentre, come me, siete impegnati dalla ricerca di un parcheggio utile. In realtà basta lasciare l’auto in uno dei tanti spazi previsti per lo stazionamento degli autoveicoli, proprio lì, nei dintorni della splendida Chiesa. Attenzione però, non fatevi tradire dall’aspetto esteriore, semplice, lineare, che nulla ha di baroccheggiante, di arzigogolato: la chiesetta è una sintesi geometrica perfetta, salda, compatta, senza decorazioni superflue.

Riva del Garda – La chiesetta vista da via Roma – la porta a sud

In effetti la parte esterna dell’edificio, si potrebbe definire, perché anticipatrice dei tempi futuri, di “avanguardia”, se mi permettete di sdoganare una definizione dal sapore Novecentista; in effetti l’architettura sembra ispirata, nella sua concezione d’insieme, dal Neoclassicismo palladiano che all’inizio del secolo XVIII avrebbe condizionato le architetture d’Europa e del “Nuovo Mondo”. Eppure se si prova a indagare nella letteratura prodotta ci si scontra con un semplicistico “tra le più belle chiese barocche del Trentino”. Purtroppo non è solo questo, la chiesa della Beata Vergine Inviolata (BMV Inviolata Church, scrivono sull’opuscoletto dedicato) è molto di più. In questo luogo il Sacro ed il profano (l’aggettivo pagano è stato ragionevolmente escluso perché non risponde pienamente a tutti i significanti celati al suo interno) si incontrano, contemporaneamente, come se l’uno non escludesse l’esistenza dell’altro. Il motivo è prettamente storico.

Chiesa della Beata Vergine Inviolata – dettaglio della porta a ovest

Il 1500 volge al termine quando Bartolomeo Mangiavino da Salò dipinge “un capitello” che, per non indurre in confusione terminologica, è meglio definire come piccola cappella votiva, raffigurante Maria Vergine con in braccio Gesù Bambino benedicente, tra i Santi Rocco e Sebastiano. L’immagine sacra diviene presto oggetto di venerazione, sin da subito le storie miracolose riconducibili alla Madonna dell’Inviolata si susseguono. Dal 1601 al 1603, in diciotto mesi, stando allo scritto di Franco Borz, studioso appassionato, vengono raccolte offerte per quasi dodicimila messe, le celebrazioni liturgiche si tenevano senza pause dall’alba al tramonto; nel 1602, il giorno di San Biagio, viene consacrata una primitiva cappella in legno, costruita a protezione dell’immagine sacra. Nei primi mesi del 1603 viene acquistato il terreno, a promuovere l’edificazione dell’attuale Santuario, con un cospicuo intervento economico, è la nobile famiglia dei Madruzzo, dando inizio ai lavori di costruzione in quello stesso anno. Nel 1604 Tavoldino di Vestone della Valsabbia dona tutti i suoi averi “per la costruenda Chiesa”, prima di vestire l’abito di monaco. Consacrata nel 1636, la chiesa è riccamente decorato a stucchi, secondo lo stile barocco del seicento, l’opera è firmata dallo stesso autore con un cartiglio che, posizionato lungo il perimetro interno, accanto alla porta principale, testualmente recita: “David Reti hoc opus fecit” …

Il cartiglio “David Reti hoc opus fecit

Sorta dopo il Concilio di Trento, la chiesetta ha un impianto perimetrale quadrato – a simboleggiare la sua dimensione terrena – al suo interno la croce greca è simulata da un impianto architettonico ottagonale (i significanti dell’ottagono sono molteplici, e avvicinano le geometrie interne dell’edificio al cerchio dell’universo e parimenti all’otto disteso simbolo dell’infinito) sormontato dalla meravigliosa cupola (il principio della quadratura del cerchio e la proporzione aurea – con in primis l’uomo vitruviano di Leonardo – sono solo alcuni dei numerosi richiami alla scienza e al rapporto uomo-universo). Al centro dell’edificio la pavimentazione circolare ha forti richiami al rito del passaggio, sia quello materno più legato al nostro valore terreno, sia quello post-mortem, ossia di ascensione verso l’infinito, rappresentato dalla cupola sovrastante, e di cui la chiesetta è piena di rimandi.

Il pavimento circolare

I.G.

… to be continued …

Immagine in copertina: la cupola vista dall’interno

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