Due aste eccezionali, pochi lotti e tante sorprese inattese nel Novembre di Pandolfini: DIPINTI E SCULTURE DELL’OTTOCENTO EUROPEO E DIPINTI DEL SECOLO XIX. OPERE SCELTE DA UNA COLLEZIONE
Cos’hanno in comune l’asta 1079 (DIPINTI DEL SECOLO XIX. OPERE SCELTE DA UNA COLLEZIONE) e l’asta 1095 (DIPINTI E SCULTURE DELL’OTTOCENTO EUROPEO), del prossimo 9 novembre 2021? In effetti sono molteplici i punti di convergenza dei due appuntamenti programmati a Firenze, al Palazzo Ramirez Montalvo (rispettivamente alle ore 16:00 e alle ore 16:30). Uno tra i tanti, forse il più affascinante, immaginare di poter mettere in casa un dipinto di De Nittis: un olio su tela e un acquerello su cartoncino del periodo francese dell’artista pugliese. Due occasioni da non perdere, per chi può permettersi di offrire il giusto prezzo per aggiudicarseli.
Giuseppe De Nittis (Barletta 1846 – Saint-Germain-en-Laye 1884)

olio su tela, cm 30,5×40 – sul retro: cachet dell’Atelier De Nittis
L’opera è archiviata presso la Fondazione Giuseppe De Nittis di Barletta.
Era la sera del 6 febbraio 1883, lo scrittore e critico letterario Edmond de Goncourt, ospite, come avveniva di sovente, nella villa parigina di Giuseppe e Léontine De Nittis, aperta con affabilità a numerosi personaggi dell’ambiente culturale francese, si era intrattenuto con i padroni di casa a discorrere della passione del pittore per il cielo, una passione risalente all’infanzia fatta di lunghi momenti passati a osservare le nuvole bianche che “non sono informi come quelle di casa nostra, ma si modellano nel cielo in innumerevoli sfaccettature”. Così ricordava qualche anno dopo de Goncourt nel suo Journal (vol. II, 1889, p. 998)raccontando ai suoi lettori di quel giorno di febbraio, quando, prima di cena, lo scrittore era stato assieme a De Nittis al Parc Monceau, luogo frequentato da molti artisti e reso celebre in particolare dalle impressioni di Claude Monet. “E oggi, ancora, al parco Monceau, mi fece notare, in una specie di ebbrezza di ammirazione, il tono cinereo del cielo, quel tono unico e distinto da tutto e che non si trova in Italia”.
Questa attenzione per il cielo e la capacità di coglierne la differenza con quello del sud Italia la si ritrova anche nel nostro dipinto, un piccolo stagno privo della presenza umana, dove la luce pacata, dovuta proprio alle nuvole bianche, non dissolve le forme della vegetazione, anzi, mette in rilievo i fiori in primo piano, gli steli sottili delle piante cresciute attorno all’acqua, il mantello variegato degli uccelli. Il folto degli alberi dalle chiome scure e fitte sullo sfondo fa da quinta a un elemento singolo, che si innalza solitario, quasi fosse un monumento, al centro della scena. Le acque chete vengono mosse impercettibilmente dal passaggio dei germani reali dipinti con grande maestria. Tutto è equilibrato e in armonia.
Come mise in risalto Ugo Ojetti nei suoi Ritratti di artisti italiani, “De Nittis, se nelle sue opere dipinge sinceramente come vede, […] nei suoi quadri pensa anche a definire quello che vede, a far della sua visione qualcosa di più esatto di una semplice pittura: un documento” (1931, pp. 75-76).
In effetti, il legame con il dato naturale stimola l’artista a descrivere con minuzia ed eleganza questo paesaggio, capolavoro realizzato verso la prima metà degli anni Settanta, quando l’artista si dedica alla serie di signore in barca, tra cui la famosa Léontine in canotto del 1874, passata dalla Maison Goupil, e alle riprese dei cigni nel laghetto del Bois de Boulogne.
Del nostro quadro è noto uno studio pubblicato da Vittorio Pica nella monografia edita nel 1914 con il titolo Il piccolo stagno e presentato assieme ad altre importanti opere alla retrospettiva, tenutasi sempre in quell’anno, a Venezia, in occasione della XI edizione della Biennale.
Testo di: E.S.
Giuseppe De Nittis (Barletta 1846 – Saint-Germain-en-Laye 1884)

acquerello su cartoncino, cm 24,5×35
firmato e dedicato “à Louise Abbema” in basso a destra
watercolour on card, 24.5×35 cm
signed and dedicated “à Louise Abbema” lower right
Provenienza
Collezione Sommaruga, Parigi
P.L. Cambiaghi, Milano
Collezione privata, Milano
Esposizioni
Milano 1965, n. 18
Bibliografia
E. Piceni, De Nittis, Milano 1934, tav. LXXII
E. Piceni, De Nittis, Milano 1955, p. 176
M. Pittaluga, E, Piceni, De Nittis, Milano 1963, n. 423
P. Dini, G.L. Marini, De Nittis. La vita, i documenti, le opere dipinte, Torino 1990, n. 688
L’opera è archiviata dalla Fondazione De Nittis, Barletta.
Louise Abbema (1853-1927) pittrice francese, affermatasi come ritrattista di signore altolocate parigine, è la destinataria di questo acquerello ambientato in Place de la Madeleine. Giuseppe De Nittis parla affabilmente di lei e della sua compagna, la celebre attrice teatrale Sarah Bernhardt (1844-1923), in una lettera alla moglie Léontine, inviata da Londra sul finire del 1879, riguardo una vendita di opere d’arte organizzata dalle signore della Comédie Française (Dini, Marini, 1990, vol. I, p. 281). Di Sarah, l’artista di Barletta, da tempo trasferitosi a Parigi, aveva eseguito un ritratto a Londra, pubblicato da Enrico Piceni nella monografia del 1934, all’epoca custodito a Milano, nella raccolta di Giacomo Jucker, dove troverà collocazione per lungo tempo il capolavoro Che freddo!, opera del 1874 riconosciuta dalla critica come la tela che segnò l’affermazione mondana di De Nittis, caratterizzata da eleganti figure femminili presenti anche nel nostro acquerello. In effetti De Nittis aveva una predilezione per il soggetto femminile, la sua grazia, la sua eleganza e il primo piano di Place de la Madeleine, nel centro, è occupato da una signora. Vestita di nero, dalle sembianze solo accennate, di cui tuttavia si coglie il movimento corporeo, la donna sta camminando per la strada in una grigia giornata autunnale. Sullo sfondo si nota un brulicare di persone e carrozze, accennate sempre con veloci pennellate scure, davanti a botteghe che sbarrano la vista dell’edificio signorile che fa capolino dalle sottostanti chiome arboree. Alle spalle della signora si trova il viale alberato, con panchine e lampioni che sembrano susseguirsi a ritmo cadenzato, e davanti a lei svettano le imponenti colonne del tempio neoclassico che domina la piazza parigina. Quel dettaglio architettonico, collocato in un punto sopraelevato rispetto al piano stradale, è sufficiente per identificare con chiarezza il luogo in cui è ambientata la scena.
In quello stesso luogo è ambientato un altro acquerello coevo al nostro, passato in asta da Christie’s a Londra nel 2012 e raffigurante, in un contrasto maggiore di toni tra il cielo azzurro, la pietra chiara dell’edificio religioso, le foglie verdi degli alberi sullo sfondo e il fango del manto stradale, la donna ormai giunta sul marciapiede adiacente le colonne della chiesa in stile corinzio (Dini, Marini, 1990, n. 689).
Sovente De Nittis ritrae punti specifici di Parigi o di Londra animati da persone, cavalli, carrozze – da Place des Pyramides ingombra di impalcature, a Place de la Concorde caratterizzata dalla fontana e dall’obelisco, da Piccadilly col via vai della strada trafficata, al Waterloo bridge all’ora del passeggio -, lasciandoci una testimonianza interessante di quale fosse la realtà urbana nel secondo Ottocento.
La frequentazione dell’ambiente artistico londinese, a partire dal 1874, stimola in De Nittis il desiderio di confrontarsi con la tecnica dell’acquerello dipingendo, con successo, diversi lavori raffiguranti luoghi parigini come, ad esempio, Lungo la Senna (Milano, Galleria d’Arte Moderna), opera dedicata all’amico Eleuterio Pagliano e le due riprese di Boulevard Haussmann. La prima versione di questi soggetti (Dini, Marini, 1990, n. 649), passata in collezione Angelo Sommaruga e successivamente in quella di Camillo Giussani, ricorda il nostro dipinto nella posa della figurina femminile ritratta con veloci tocchi di colore nero in cammino sulla destra, vicino all’alto fusto dell’albero da cui scendono le chiome autunnali. L’acquerello era stato esposto al Salon di Parigi nel 1877 assieme a Le Place Saint Augustin e Degas, in una lettera alla moglie di De Nittis scritta il 21 maggio di quell’anno, definiva le due opere “due pezzi da Maestro, senza adulazione […] non hanno pari” (Dini, Marini, 1990, vol. I, p. 326).
Testo di: E.S.
Fonte delle immagini e dei testi: Pandolfini Aste Firenze (clicca sul link per connetterti con le aste)