Meglio Toma o il pasticciotto?

Quest’anno ricorre il 130° anniversario della scomparsa di Gioacchino Toma

Era un lunedì, era il 12 gennaio 1891, il giorno in cui morì a Napoli, ma con la sua Galatina nel cuore, il pittore Gioacchino Toma. Un’ischemia cerebrale, la seconda dopo quella del dicembre precedente, lo avrebbe portato via a soli 55 anni, non ancora compiuti, mancavano pochi giorni al suo compleanno. Nato infatti a Galatina nel 1836, il 24 dello stesso mese, non avrebbe avuto il tempo, ma solo apparentemente, di dare corpo a tutta la sua arte: recentemente l’immagine del pittore è stata completamente rivalutata, con nuove monografie e studi in grado di mettere sotto inchiesta la “Critica” primonovecentista, ferma su convinzioni ottocentesche e stereotipi fortemente viziati da campanilismi e “pittoreschi” localismi. L’arte e la figura di Toma vittime dunque dell’incapacità di tirarsi fuori dal coro, di vedere, come lui insegnò, con gli occhi del cuore e della tecnica.

A centosessanta anni dall’unità d’Italia e centotrenta dalla scomparsa del pittore, è forse necessario che la sua terra d’origine sancisca definitivamente, prima che ci pensino altri, la patria potestà (responsabilità genitoriale) al figlio suo legittimo. A iniziare sia Lecce, il capoluogo restituisca ai suoi cittadini il busto in bronzo, quel monumento inaugurato il 24 giugno 1898 e fuso nella prima metà del Novecento per costruire armi utili alle guerre. E Galatina pensi, invece di concentrarsi sull’ottimo ma effimero “pasticciotto”, a dare lustro al suo artista più grande, il Maestro dell’Ottocento meridionale e italiano, Prof. Cav. Gioacchino Toma: a Tricase due eccellenti dipinti giovanili patiscono il degrado dell’abbandono e nulla si sta facendo per provvedere ad un restauro adeguato (magari anche una collocazione migliore); e poi si allestisca una mostra di opere possibilmente “autentiche”, ed un anno dedicato alla sua commemorazione sia al più presto inserito nel programma delle manifestazioni  cittadine e provinciali.

Se solo ci soffermassimo tutti sul significato, sul senso, dei due aggettivi “ripetibile” e “irripetibile“, si potrebbe immediatamente comprendere l’ordine delle priorità da dare a due eccellenze galatinesi che nessuno vuole mettere in dubbio, ma che necessitano del giusto posto sulla scala dei valori.  La cultura di un territorio si misura sul “peso” dei suoi cittadini/e, non sulla bontà dei suoi manicaretti; la cultura stimola gli animi, le menti, non le papille gustative; la cultura è in grado di “scrostare” le umane coscienze e ci permette di evolvere, prendendo esempio proprio da chi ci ha preceduto. Non si abbandonino a se stesse le iniziative culturali cittadine e non si deleghi ad un pezzo di torta, seppur buono ma pur sempre “ripetibile“, il pesante fardello dell’identità millenaria di un popolo che, grazie a uomini come Gioacchino Toma, è stata resa in modo unico e “irripetibile“!

i.g.

Immagine in copertina tratta da: Illustrazione Popolare, Un busto al pittor Toma, Numero XXXV, Fratelli Treves Editori, 31 luglio 1898, Milano.

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Meglio Toma o il pasticciotto?

– il paradosso dell’irripetibile –

di Italo Greco