CASA D’ARTE, cento anni di storia da nord a sud

con quattro note critiche in merito ad alcune opere di Fabiana Luceri

di Massimo Galiotta

Nel 1919 Fortunato Depero concretizza a Rovereto la sua Casa d’Arte, concepita sin dall’anno precedente, sull’onda di altre iniziative simili nate intorno all’idea di «Ricostruzione futurista dell’universo»: il manifesto futurista firmato proprio da Fortunato Depero e da Giacomo Balla nel marzo 1915. Nascono così nel 1918, tra le altre, la Casa d’Arte di Prampolini a Roma e quella di Tato a Bologna; Giacomo Balla invece realizza il suo appartamento in via Oslavia 39 a Roma, conosciuto come Casa Balla, solo nel 1929, con circa dieci anni di ritardo rispetto a Depero. In effetti la Casa d’Arte, donata al Comune di Rovereto alla morte dei coniugi Fortunato e Rosetta, è attiva già nei primi anni del Novecento nel centro storico della città sul Leno; uno spazio dove l’artista genera manifesti pubblicitari, crea idee innovative (la bottiglia del Campari Soda del 1932 è forse l’esempio più noto) e realizza opere d’arte. È il luogo che tutti gli appassionati d’arte vorrebbero visitare ma che pochi artisti vogliono rivelare – il luogo dei luoghi – l’atelier che diviene galleria, il laboratorio dove l’artista lavora, vive: “casa” e allo stesso tempo “laboratorio” dedicato alla creatività.

Fortunato Depero (Fondo di Val di Non, 1892 – Rovereto, 1961) è uno dei massimi esponenti del Futurismo marinettiano, almeno fino al 1930, quando rientra dal suo primo lungo soggiorno statunitense, quello che generò opere letterarie rimaste inedite come New York nuova Babele, in parte divenuto nel 1934 l’ormai noto Liriche Radiofoniche, dopo Spezzature del 1913 e il «catalogo autopubblicitario»[1] Depero futurista. Libromacchina imbullonato del 1927, massima esperienza del trentino nell’ambito dei libri d’artista. Nel volumetto l’autore si cimenta in componimenti poetici e prose, visualizzando immagini composte da parole – calligramma – raccolte ancora una volta in un libro-oggetto. Liriche, «parole in libertà», pensate per essere trasmesse alla radio, che in alcuni casi danno «vita a un vero e proprio Tecnopaegnion, che raffigura lo scorrere di un ruscello»[2]. Nella sua «Casa d’Arte» Fortunato Depero costruisce idee in un laboratorio di arti applicate, le trasforma concretamente in grandi arazzi, manifesti pubblicitari, pannelli decorativi, dipinti e sculture di moderna fattura, ma anche giocattoli, marionette e altro: perché l’artista è figlio del bambino divenuto adulto.

Nello storico edificio, dal 1959 Galleria Museo Depero, da poco riallestito dal Mart (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto), in occasione della grande mostra Depero New Depero, in corso fino al 22 febbraio 2022[3], è possibile prendere coscienza del significato celato dalla locuzione “Casa d’Arte”: un luogo contrapposto ai “non-luoghi” di ogni giorno, quelli che ormai siamo abituati a vedere e non percepire più come tali; quelli che non ci fanno comprendere perché un’artista decida di realizzare (oggi) una Casa d’Arte in una cittadina di provincia.

Nel 2018 a Galatina, l’artista Fabiana Luceri decide di trasformare una storica abitazione salentina in una residenza d’artista; uno spazio dedicato alla sua arte ma anche a quella degli altri: l’edificio infatti ospita, in collaborazione con l’associazione Galatina Letterata di Rosanna Verter, Meeting d’autore, conferenze e salotti culturali, esposizioni e oltre. Per la pittrice galatinese la sua “casa” è un luogo dove si socializza, si entra non solo per comprare quadri, come qualcuno potrebbe commentare, ma soprattutto per rigenerarsi. Uno spazio ideale che Fabiana Luceri concepisce in continuo divenire, dove nulla è definitivo ma tutto subisce cambiamenti; uno spazio antropologico, umano, dove anche il pennello ripulito strofinandolo sulla parete di uno sgabuzzino di servizio, può trasformare un “vile luogo” in un vero e proprio spazio d’artista. Una Casa d’Arte nel senso proprio della parola, che non ha nulla di Kitsch. Ogni oggetto decorativo presente è un elogio al buon gusto, esorta l’individuo a non sporcare, a non abbandonare più rifiuti, né in città né per le campagne: dobbiamo abituarci a recuperare l’inutile, trasformarlo in qualcosa di utilizzabile, proprio come facevano i nostri nonni, recuperando la memoria di antiche pratiche ormai desuete, farlo divenire “creazione artistica”. In fin dei conti Fabiana Luceri ha realizzato il suo massimo capolavoro recuperando una vecchia dimora e trasformandola in una moderna Casa d’Arte: sedie rivitalizzate e rese oggetti unici; bottiglie di dimensioni magnum trasformate in elementi imprescindibili del tutto; e poi quadri ovunque, anche sul pavimento. Nella Casa d’Arte dunque, da Rovereto a Galatina, da Fortunato Depero a Fabiana Luceri, lo spazio abitativo diventa un autentico capolavoro.

Parete astratta: nel salotto principale, quello dei caffè letterati, delle serate culturali organizzate per dare fiato alla società che riflette, degli incontri informali intorno ad un buon libro, si erge maestosa una parete astratta (acrilico su muro intonacato) che non è figlia di altri; probabilmente il capolavoro di Fabiana Luceri. Un mastodontico acrilico (di metri 3 x 5) posizionato frontalmente, messo lì ad accogliere il visitatore, basta da solo a giustificare il tempo catturato alle nostre frenetiche giornate per andare a visitare la singolare dimora galatinese. Cromatismi diffusi, compenetrazione di piani sovrapposti e geometrie indefinite conferiscono all’opera la capacità rara di trasmettere un chiaro senso di calma e voglia di fare. Rilassarsi di fronte ad una parete di tali fattezze non indispone alla vita, alle relazioni con gli altri, ma trasmette un’inafferrabile spinta creativa, di dinamismo costruttivo: una prova concreta di arte-benessere.

Parete astratta

Dripping: Fabiana Luceri è poliedrica, lo dimostra quando si cimenta con tecniche complesse, solo apparentemente costituite da semplici schizzi di colore sulla tela, quando si misura con l’idea di caos. Entrando nella sua Casa d’Arte, in cima alla lunga scalinata che conduce al primo piano, livello in cui è situato il prezioso atelier, c’è infatti uno splendido esemplare di acrilico sviluppato con la tecnica del dripping, quella per dirla in un linguaggio universale, inventata da Jackson Pollock sul finire degli anni quaranta (Number 1, 1948). Il lungo corridoio ascendente, costellato di piccoli dipinti, obbliga il visitatore ad andare con lo sguardo in cima al grigio neutro dell’antica scalinata d’ingresso, a fare tappa su quelle semplici ma non facili da eseguire macchie di colore: guardando il dipinto siamo obbligati a fermarci, decodificarne i cromatismi, leggerne il senso e solo successivamente affrontare il percorso in salita, come se la Casa d’Arte fosse una rampa ascendente per accedere ad una Camera del Re a Giza, idealizzata. In realtà, in cima elle scale si trova la creatività, unica Regina, declinata in svariate forme, altre, inaspettate, sempre nuove.

Dripping

Astratto: «Ogni dipinto è come un tuffo nel mare, sai dove stai per immergerti ma non saprai mai dove arriverai a compimento dell’opera d’arte»[4]. Il Tableau in questione, una tecnica mista su tela (acrilico e polvere d’oro), nato con tutt’altro intento, evoca in chi lo guarda un sentimento di infinito, di profondità marine e di trasparenze popolate da grandi creature natanti. Gli azzurri, i blu, i turchesi, riconducono per forza all’enorme distesa d’acqua che ci circonda. Le pennellate larghe, la spatola usata per stendere la materia in forme incompiute, volutamente indefinite, lasciano spazio a chi guarda di ridefinire, ricodificare, una narrazione non completamente descritta. Spiego meglio: quando Gioacchino Toma presentò il suo Viatico dell’orfana (Esposizione Nazionale napoletana del 1877), tenne volutamente fuori dalla narrazione i due soggetti principali, l’orfana morente sul lettino a sinistra e il prete in processione con il viatico sulla destra, entrambi fondamentali eppure si intravedono appena. Toma non racconta tutto, lascia a noi l’interpretazione. Questo approccio, seppure con mezzi e risultati diversi, opposti al verismo tomiano, dimostra la volontà di Fabiana Luceri di non frapporsi tra il dipinto e l’osservatore, ne rimane fuori; anche lei, come Toma, narra in terza persona, raccontando una storia che lascia spazio a noi che guardiamo le sue opere di interpretarne il senso: in altre parole Fabiana Luceri ci dice «l’opera non è mia, …è vostra». Questo principio rende ancora oggi immortali numerosi capolavori, quelli di grandi maestri del passato, proprio come quelli del concittadino Gioacchino Toma: il parallelismo dunque non è arbitrario.

Astratto

Veleggiare: Il dipinto che stiamo osservando, per le soluzioni stilistiche adottate, ricorda le sfumature e l’indefinito anticipati nel secolo XIX dall’inglese William Turner (1755-1851). Il pittore romantico dipinge nel 1844 Pioggia, vapore e velocità (un olio su tela, custodito a Londra alla National Gallery), definito da Franco Arcangeli, tra i massimi critici del Novecento, «una composizione del tutto nuova e assolutamente anticlassica nella sua impaginazione improvvisa» (F. Arcangeli, Dal Romanticismo all’informale, lezioni accademiche 1970-71). Dello stesso dipinto, più recentemente, Flavio Caroli sottolinea gli esiti innovativi di Turner, che nella prima metà dell’Ottocento perviene, con largo anticipo sulle avanguardie del secolo scorso, «a esiti che sfiorano l’informalità»[5]. L’opera qui raffigurata potrebbe essere una rilettura contemporanea del Romanticismo nord europeo di chiara marca protottocentesca: confermerebbe l’evidente eclettismo artistico di Fabiana Luceri applicato alla sua quotidiana ricerca proprio nell’ambito dell’Informale.

Veleggiare

(M. Galiotta, in Calendario 2022, per Associazione Galatina Letterata e Casa d’Arte di Fabiana Luceri, Grafiche Panico, Soleto, dicembre 2021)


Fonti:

[1] Antonio Lucio Giannone, “Su Fortunato Depero – il libro imbullonato” in Futurismo e dintorni, Congedo, Galatina, 1993, pp. 39-43;

[2] Antonio Lucio Giannone, La poesia “radiofonica” di Depero, in Liriche Radiofoniche, ristampa anastatica a cura di Luciano Caruso, S.P.E.S., Firenze, 1987, pp. XLVIII-LV;

[3] Inaugurata il 21 ottobre 2021 la mostra, con l’arrivo del nuovo anno, è stata prorogata sino al prossimo 5 giugno 2022;

[4] Massimo Galiotta, A. Madonna, un tuffo nell’arte … un solenne tributo al mare, in rubrica “il Cavalletto”, Rivista Puglia&Mare, n°20, Gallipoli, dicembre 2017, pag. 43;

[5] Flavio Caroli, Con gli occhi dei maestri, Mondadori, Milano, 2015.

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Cr. Ph. Fabiana Luceri

Courtesy Casa d’Arte Fabiana Luceri

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  1. Priti ha detto:

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  2. ©InMostraBlog ha detto:

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