Falsi e inesistenti, il dubbio nell’Arte

E’ di questi giorni, ma il caso risale alla scorsa estate, il dramma artistico del proporre mostre e opere, a ignari fruitori, di famosi artisti non più in vita, che risultano false. Il caso  in questione è eclatante perché riguarda Amedeo Modigliani[1] , artista italiano tra i più amati e apprezzati al mondo, ma molti altri eventi passati riguardanti nomi noti sono avvolti da un fitto alone di dubbio sulla bontà delle opere esposte nelle numerose mostre che, come funghi, spuntano qua e la per il nostro paese.

A farne le spese, oltre ai grandi maestri come il Caravaggio, Leonardo, Modigliani o il Toma, spesso, sono autori per così dire outsider (autori spesso oggetto di un collezionismo regionale e non solo) che sul mercato riscuotono un notevole successo tra gli appassionati di ogni luogo che, non sempre, acquistano opere con cognizione reale del gesto tecnico tipico dell’artista oggetto della transazione. L’interesse che muove questi “operatori dell’arte” è di creare uno storico, quindi valore, a opere che di storia non ne hanno; fare in modo che un quadro abbia d’un tratto una carta d’identità grazie alla pubblicazione in un catalogo di una mostra allestita, possibilmente, in una cornice di prestigio e con il patrocinio di Comuni o Regioni, sovente all’oscuro di tutto, è un passaggio fondamentale per una futura commercializzazione del dipinto. Così nel mondo dell’arte aleggiano ombre indotte da chi coltiva interessi propri a discapito dell’arte stessa, dell’artista e della collettività che spende risorse per avvicinarsi a opere false e/o inesistenti. Ma qual è la valenza semantica di queste due parole che a volte potrebbero indurre all’astrazione due concetti tangibili, reali.

True vs fake
L’originale “Monna Lisa” di Leonardo da Vinci e una copia realizzata intorno al 1750

E’ falsa un’opera d’arte che è stata prodotta sulla base di un originale esistente nella realtà, per esempio la Gioconda di Leonardo Da Vinci che, essendo stata riprodotta più volte nel corso dei secoli possiede, in giro per il mondo, numerosi cloni, più o meno fedeli all’originale – che possono essere catalogati come “falsi“.

Il falsario più noto della Gioconda fu il fantomatico Yves Chaudron, al soldo del truffatore Eduardo de Valfierno, che nei primi anni del 1900 mise in circolazione circa 6 copie documentate della celebre dama del ‘500, e conseguentemente al furto del 1911, ad opera di Vincenzo Peruggia, le sei tele andarono a ruba tra i collezionisti americani che, sull’onda della notizia proveniente dall’Europa, se le accaparrarono per cifre esorbitanti.

Salvator mundi, attribuito a Leonardo Da VinciE’ inesistente, invece, un dipinto o una scultura prodotti da un falsario e attribuiti o addirittura recanti la riproduzione della firma del celebre autore che, nella propria carriera artistica, non ha mai prodotto quella data opera spacciata per vera. Potrebbe esserne un esempio, secondo alcuni esperti, e così penso anch’io, il Salvator Mundi recentemente battuto all’asta a New York e attribuito ancora a Leonardo Da Vinci, opera che, a guardarla, riempie di meraviglia ma che allo stesso tempo confonde l’osservatore con le numerose ombre che accompagnano questo genere di dipinti: opera del maestro, della sua bottega, della sua cerchia o di un seguace? Forse potrebbe essere un meraviglioso “inesistente”!

A tal proposito si può citare un maestro del falso, l’olandese “Han van Meegeren”, che divenne celebre, durante la seconda guerra mondiale, proprio per i suoi falsi superficialmente attribuiti, da un noto critico d’arte dell’epoca, a  Johannes Vermeer, e spacciati per veri ad ignari pseudo-collezionisti nazisti; vittima della clamorosa quanto azzardata truffa fu il capo delle SS, Heinrich Himmler.

Dolo e/o colpa sono sicuramente reati da imputare a chi assume questi atteggiamenti nei confronti dell’arte, quindi perseguibile secondo i termini previsti dalla legge. E’ per questo motivo che le opere d’arte sul mercato dovrebbero sempre essere accompagnate da certificazioni che ne attestino la lecita provenienza e la comprovata autenticità, se non altro per provare la buona fede del curatore, del collezionista o dell’ente organizzatore della mostra. Ma, ahimè, anche le certificazioni di autenticità o expertise sono oggetto di speculazione, perché laddove c’è l’interesse di alcuni spesso … “famam curant multi, pauci conscientiam”! (cit. Publilio Siro)

E’ il caso di un dipinto, “l’elemosina[2], attribuito a Gioacchino Toma, acquistato dal Comune di Galatina e oggetto, in seguito a numerosi interventi di indignati cittadini, di una expertise molto dubbia fatta da una commissione nominata “ad hoc” per lavare la coscienza di alcuni e chiudere un argomento che rimarrà sempre aperto: quel quadro è un falso! Ma in realtà si tratterebbe di un inesistente, perché quella tela non fu mai realizzata dal Toma e pertanto non poteva essere falsificata. Del resto è impensabile che il quadro in questione possa essere figlio dello stesso autore, nemmeno in una appellabile “fase giovanile”, basterebbe un semplice confronto con opere note e di tutt’altra fattura, eccone un esempio:

A tal proposito si sono pronunciati anche noti critici d’arte di fama nazionale, ma anche questa volta a farne le spese sono stati sempre gli stessi, artisti e appassionati.
M. G.

L’articolo è proprietà dell’autore ed ogni riproduzione è vietata (L/22/4/1941 n°633 e relative modifiche) eccetto nei casi previsti dalla legge.

©InMostraBlog

[1]Tratto da: www.corriere.it/cronache/18_gennaio_10

La perizia della Procura «I 21 quadri della mostra a Genova di Modigliani sono falsi grossolani»

Palazzo Ducale: noi parte lesa. Il curatore: non c’entro. Se la perizia verrà confermata da una sentenza definitiva le opere, valutate milioni di euro, saranno distrutte

GENOVA – A tremare adesso sono i collezionisti, i proprietari dei 21 quadri di Modigliani esposti nel luglio scorso al Palazzo Ducale e che secondo il perito della Procura di Genova sono tutti dei clamorosi falsi. Se questa perizia verrà confermata da una sentenza definitiva il destino di queste opere, fino a pochi mesi fa valutate milioni di euro, sarà di essere distrutte. Questo prevede la legge e questo invocava solo 15 giorni fa dalle colonne di Le Monde l’esperto d’arte e studioso di «Modì» Marc Restellini, uno dei primi insieme al toscano Carlo Pepi ad accusare le opere in mostra a Genova di essere «una colossale truffa».
«Colossale truffa»

«Ho dato ai carabinieri tutte le informazioni in mio possesso», dice adesso Restellini, «per spiegare come funziona questo sistema di contraffazione. È indiscutibile che le opere siano false, l’ho denunciato e ho fornito le prove». Gli fa eco Pepi che esulta: «Finalmente è scoppiato il bubbone. Per anni mi sono battuto contro i falsi Modigliani, osteggiato e perfino perseguitato dall’ambiente artistico. Modigliani ha dipinto più da morto che da vivo, la situazione era grottesca. Ma questa è solo la punta dell’iceberg».

La perizia

In seguito a un esposto di Pepi la Procura di Genova nel luglio scorso dispose il sequestro di 21 opere a firma Modigliani. Un terremoto. Adesso la perizia di Isabella Quattrocchi afferma che tutte le tele sono «grossolanamente falsificate» sia «nel tratto» sia «nel pigmento». La perizia sottolinea anche che le cornici sono «provenienti da Paesi dell’est europeo e dagli Stati Uniti, per nulla ricollegabili né come contesto che come periodo storico a Modigliani». Una notazione che ha lasciato perplessi – in mancanza di ulteriori spiegazioni – gli esperti d’arte perché le cornici non avrebbero alcuna attinenza con l’autenticità dell’opera, provenendo poi le tele in gran parte da un collezionista americano, Joseph Guttmann, non stupisce che siano state prodotte negli Usa.

Sarà battaglia

Insomma, c’è chi esulta per lo «smascheramento», chi come Palazzo Ducale si dichiara «parte lesa, anzi fortemente lesa» e chi come il curatore della mostra Rudy Chiappini difende il proprio operato: il caso dei Modigliani è più che mai un giallo. Se infatti la perizia della Procura bolla come croste le opere sequestrate è improbabile che i proprietari si arrendano a vedere andare in fumo il loro investimento; ci sarà battaglia di controperizie. Intanto si fa notare che per una delle tele provenienti dalla collezione Pasquinelli c’è addirittura un certificato di autenticità del ministero italiano. Il curatore Chiappini sottolinea come non sia lui l’autore delle attribuzioni: «Io ho raccolto le informazioni e la documentazione che mi è stata fornita per ogni tela. Se ci sono state irregolarità bisognerà risalire alla fonte, a chi ha fatto la prima attribuzione. Io, fino a prova contraria, resto dell’idea che le opere siano buone. E la storia delle cornici è ridicola».

di Erika Dellacasa

[2]Tratto da: www.galatina.it

“Quella tela è un falso o un’inesistente?” Qualcuno allora dovrà restituire 19000 euro alla Città di Galatina

Philippe Daverio ha escluso che ‘L’elemosina’ possa essere attribuita al pittore galatinese. Lucio Romano e monsignor Antonio Antonaci lo avevano già detto

Caro Direttore, mercoledì 26 Novembre, ho letto l’articolo dal titolo “A GALATINA ESISTE UN VERO QUADRODI GIOACCHINO TOMA”a firma del Sacerdote Don Antonio Santoro nel quale egli si dichiara sconcertato dalle parole pronunciate dall’Illustre critico Prof. Philippe Daverio in merito alla tela del pittore Galatinese: «Questa tela non ha nulla del Toma». Tale affermazione non mi ha destato sconcerto, in quanto già conoscevo perfettamente la storia della tela avendola ricostruita dall’acquisto in poi. Ero quindi già convinto che non si trattasse di un’opera autentica.
La lettera del Sacerdote ha risvegliato in me il ricordo di aver vissuto in prima persona quel periodo, essendo stato vicino all’amico fraterno e compagno Lucio Romano: non posso quindi tacere su una questione che mi sta particolarmente a cuore.
Dico questo essendo consapevole di alimentare ulteriormente la controversia con coloro che contribuirono all’acquisto della tela dal titolo “L’Elemosina” attribuita al Toma la cui autenticità è stata messa in dubbio dal compianto Lucio Romano. Lo faccio non per mera e pura polemica ma per il desiderio di stabilire una volta per tutte la verità.
I fatti sono i seguenti:

  • in data 04/01/2006 l’Associazione Salentina Promotrice di Belle Arti di Torchiarolo, propone al Comune di Galatina la vendita di un dipinto dell’artista Galatinese Gioacchino Toma dal titolo “L’elemosina” per la somma di € 19.000,00;
  • in data 10/03/2006 fu acquistato dalla Amministrazione Garrisi -pur non avendo dato incarico a critici esperti per accertarsi della sua autenticità (così risulta dalle carte)- un quadro dal Titolo “L’Elemosina” attribuita al Toma, per promuovere e valorizzare il recupero della “memoria” intesa come patrimonio storico, artistico e culturale;
  • sul “Titano” (supplemento economico de “Il Galatino”) n° 13 del 27/06/2006 a pagina 25 apparve un articolo a firma di Domenica Specchia, docente di Storia dell’Arte all’Istituto d’Arte di Galatina, nel quale si dava la notizia dell’acquisto de “L’Elemosina” come opera di Gioacchino Toma;
  • il 03/08/2006 un articolo apparso sul quotidiano la Gazzetta del Mezzogiorno a firma di Antonio Liguori citava: il poeta Lucio Romano, pur non essendo un critico d’arte ma attento studioso della vita e delle opere del Toma, esprime forti dubbi sull’autenticità della tela acquistata dal Comune di Galatina, chiedendo (sempre il poeta) al nuovo Sindaco, Sandra Antonica, da poco insediato, di costituire una Commissione culturale d’inchiesta per stabilire l’autenticità dell’opera;
  • il 04/08/2006 il Sindaco, per fugare i dubbi sollevati dalla denuncia di Lucio Romano, avvia le procedure per verificare la reale identità dell’opera convocando una Commissione di esperti costituita da:
    • Prof. Lucio Galante (Cattedratico di Storia dell’Arte dell’Università di Lecce);
    • Prof. Antonio Cassiano (Direttore del Museo Provinciale “Castromediano” di Lecce;
    • Prof.ssa Domenica Specchia (Docente di Storia dell’Arte dell’Ist. d’Arte Gioacchino Toma Galatina);
    • Dott.ssa Brizia Minerva (esperta di restauro);
    • Prof. Luigi Rossetti (già Assessore alla cultura della Giunta Garrisi);
    • Dott. Cosimo Montagna (Assessore alla cultura della Giunta Antonica);

Faccio presente che almeno uno dei componenti di quella Commissione, in particolare il Prof. Rossetti (in evidente conflitto di interessi facendo questi parte della Giunta promotrice dell’acquisto), non poteva far parte della stessa.
A settembre 2006, Lucio Romano chiese all’Illustre Prof. Mons. Antonio Antonaci, storico ed esperto del Toma, di esprimersi sulla vicenda, ma quest’ultimo, pensando che si trattasse delle solite questioni politiche, rispose che non aveva voglia di entrare nelle diatribe tra partiti (faccio presente che Lucio già da molti anni non faceva più politica attiva).
In seguito a varie riunioni della Commissione e alla scomparsa di Lucio Romano avvenuta in data 08/02/2007, il 25/02/2007 la suddetta Commissione, dopo averlo minuziosamente esaminato con l’ausilio della lampada di Wood, conclude la discussione sintetizzando: il dipinto è coerentemente datato; il tema rientra tra quelli trattati dal Toma; trova tuttavia delle parti deboli nella parte centrale e nella figura della mendicante, e dallo stesso esame con la lampada di Wood, risulta che vi sono parti integrate (o forse addirittura ripensate) e la firma e la data appaiono aggiunte successivamente. Tuttavia, la Commissione conclude che “l’opera non è un falso e che la stessa potrebbe rientrare in un catalogo dell’artista Galatinese, senza essere considerata tra le più significative”.
In seguito alla scomparsa del poeta Lucio Romano, il Prof. Antonio Antonaci, forse per rimorso o forse perché sollecitato dal giornalista e direttore de “Il Galatino” Rossano Marra (“chiusa la querelle sulla tela di Gioacchino Toma. Forse no!”, Il Galatino, 16/03/2007) scende in campo sulla vicenda dicendo “che quella tra Lucio Romano e la Prof.ssa Specchia era una polemica mal posta, in quanto il quadro non sarebbe un falso, bensì un inesistente.”  “il Toma – continua – non ha mai dipinto l’opera in questione, né tanto meno l’ha mai firmata perché il pittore galatinese non firmò mai le sue opere in basso alla composizione, bensì -e non le firmò neppure tutte- sul retro della tela . Inoltre essendo professore di disegno e quindi di calligrafia, aveva una forma particolare di firmare le sue iniziali quasi incastrate l’una nell’altra”.
Il Prof. Mons. Antonaci asseriva che l’acquisto del Comune è “un vero e proprio inganno che è qualcosa di più grave del falso”.Conclude poi sul giudizio della Commissione “la tela attribuita al Toma (ma non è sua!) è un fatto su cui cadono molti esperti. Quelle della Commissione sono in gran parte delle supposizioni, perché il verdetto non si formula mai con i condizionali, bensì con i verbi affermativi. La Commissione aveva il compito di dire se la tela è del Toma oppure no”.

Concludo dicendo che: 1) avendo avuto un ulteriore, anche se verbalmente, parere autorevole da parte del Prof. Daverio contrario a quello della Commissione; 2) siccome non è stata mai fatta chiarezza sull’autenticità della tela poiché la Commissione espresse un giudizio all’italiana del colpo alla botte e l’altro al cerchio, e non come si volle far credere con quell’articolo apparso sul quotidiano la Gazzetta del Mezzogiorno del 25/02/2007 dal titolo “L’elemosina è autentica” da parte dei diretti interessati; 3) anche se sono passati più di sette anni, ritengo giusto riportare la vicenda all’attenzione pubblica per il semplice fatto di ridare dignità ad una persona a me molto cara, scomparsa prima che la Commissione emettesse la decisione, andandosene via da questa terra col cruccio di non aver potuto dimostrare che si trattasse di un falso. Oggi, col senno di poi e sulle ali dei pareri espressi da personaggi autorevoli, possiamo affermare con certezza che si tratta o di un falso o di un inesistente o che quella tela non ha nulla del Toma.
Colgo quindi l’occasione per esprimere i miei più sinceri e cordiali saluti.

Gentile Augusto, la Sua interessante e documentata lettera, rende senz’altro il giusto merito all’uomo ed al poeta Lucio Romano ma è priva, se mi consente, della conclusione ‘politica’ che il ‘compagno Lucio’ avrebbe molto probabilmente tratto. Quella tela è costata 19000 euro dei cittadini galatinesi. Se non fosse di Toma varrebbe tutti quei denari? Occorre saperlo perché, se si trattasse realmente di “un falso o di un’inesistente”, qualcuno dovrà rifondere le casse cittadine almeno per la differenza di valore.
Il consigliere comunale Augusto Fachechi, traendo le conseguenze di quanto qui ha scritto, può, dunque, interrogare in merito il Sindaco?
Ricambio con stima i Suoi cordiali saluti. (d.v.)”

  • Gli articoli, identificati con le note [1] e [2], sono riportati nella loro versione integrale così come pubblicati dalle varie testate, opportunamente citate, nei rispettivi siti on-line .

3 commenti Aggiungi il tuo

    1. inmostrablog ha detto:

      … You’re welcome, your blog is beautiful

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  1. Christy ha detto:

    Leonardo era uno scienziato…

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